Da sabato 4 novembre 2023 a sabato 6 gennaio 2024 – h.24
Da sabato 4 novembre 2023 a sabato 6 gennaio 2024 – h.24
in via Edmondo De Amicis 28, Milano
Dopo il primo anno di attività, il progetto Adec Arte si evolve e si trasforma per inserire le sue vetrine su strada, aperte 24 ore su 24 allo sguardo dei passanti, in un nuovo concetto e una nuova proposta di fruizione, maggiormente innovativa e partecipativa. Dal 4 novembre parte, con la mostra Sulla soglia di Teresa Dell’Aversana, un nuovo ciclo di esposizioni tutte al femminile che come dichiara Carla Maria Russo, scrittrice e cofondatrice di Adec, hanno “l’ambizione di spostare sempre più in là i confini della sperimentazione e della ricerca di linguaggi nuovi, che puntino a incrociare e fondere fra loro i vari generi in cui l’arte trova espressione.”
Le opere in mostra appaiono diafane, di un candore etereo in cui i materiali sembrano reinterpretare la storia dell’arte e il concetto corporeo. Le sculture-installazioni di Teresa Dell’Aversana accostano le forme morbide della classicità ma svelandone solo una porzione, tracce indelebili di un passato che vuole la forma assoluta pari all’essenza. E’ qui che interviene l’artista ad assottigliare la materia attraverso la trasparenza. Il marmo si plasma in vetro e la resina scopre il contemporaneo, le curve scompaiono come sommerse in un latte amniotico, solo tracce, quasi ossee galleggiano in superficie. Le impronte lasciate dai corpi di Teresa dell’Aversana affascinano e rapiscono per la loro impalpabilità, guidano verso un viaggio che è di scoperta e di indagine introspettiva mentre lo spazio sconfina all’infinito.
Teresa Dell’Aversana è un’artista atellana che vive e lavora vicino Napoli. Diplomatasi all’Accademia di belle arti, l’artista porta avanti un percorso di sperimentazione che la vede utilizzare diversi materiali come legno, marmo, plastica, resina e vetro e tracciare mappe di nastro adesivo sul suolo di un antico edificio agricolo, che accoglie il suo studio, definendo così gli spazi delle sue realizzazioni. Li attraversa cercando ispirazione, tempi e luoghi per le sue opere.
Ha esposto in mostre personali e collettive in Campania, a Roma, a Milano e Pordenone, curate da Mimmo Parente, Vincenzo Trione, Giuseppe Montesano, Josè Vicente Quirante, Stefania Scateni, Enzo Di Grazia.
Antonella Cilento
Conosco Teresa Dell’Aversana da qualche anno e vorrei avere, presto, il tempo di conoscerla meglio: ce lo diciamo delle persone con cui entriamo in immediata sintonia, in empatia profonda anche se ci siamo raccontate ancora troppo poco.
Nel suo bellissimo studio a Orta di Atella, uno dei luoghi antichi della Campania da cui origina il nome della farsa atellana, una delle più antiche forme del teatro, il teatro degli Osci da cui ogni musica popolare e teatro comico campano in fondo ha preso le mosse, da Nevio a Pulcinella, da Totò alla Gatta Cenerentola, sono entrata solo qualche volta, per ammirare l’hortus conclusus dove coltiva e cuoce cibo e opere, dove lavora e scolpisce e ci offre da mangiare e da bere.
Ha realizzato per una manifestazione che dirigo da una quindicina d’anni, Strane Coppie, alcune LightWorks ispirate a scrittrici e scrittori, in combutta con mia sorella, Iole Cilento.
Ci siamo conosciute grazie a un amico comune molto amato, Giuseppe Montesano.
Pure, mi pare di conoscerla da sempre, di averla intravista spiare l’arte degli scultori celebri, quasi tutti maschi. Spio Policleto o Michelangelo, Donatello o Cosimo Fanzago e intravedo, dietro l’opera in fieri e il suo creatore, una ragazza piccola e seria che non entra in gara ma se potesse fare, farebbe diversamente.
Quasi mai la ragazza piccola e seria ha un nome, né il suo nome resterà: come potrebbe?
Bisogna proprio aggirare Auguste Rodin per scoprire Camille Claudel e accorgersi che il suo lavoro, quello di Camille, è molto più moderno e insieme antico, è più interessante di quello del suo invadente e egopatico maestro.
Il gioco di girare intorno allo scultore e alla scultura e vedere chi invece avrebbe scolpito se non fosse stata impedita dai tempi, dalla materia, dalla vita, è un gioco che inizia a funzionare solo nel Novecento: funziona, eppure le scultrici o le pittrici vivono a fatica nei cataloghi, nelle storie dell’arte, nella memoria collettiva.
La materia che plasmano le donne è contrattata e indivisa con la vita, e così dovrebbe essere anche per gli uomini. Essere osservate ed osservare, nascondersi e apparire in fondo ci viene facile, lo sappiamo da sempre, non è un’arte da rubare o apprendere.
Teresa mi guarda, per esempio, da ogni antico ritratto, da coppe e da anfore, da quadri.
In un suo ritratto fotografico di tre quarti, l’aria di sfida ironica potrebbe essere quella di un giovane Caravaggio. É un giovanotto del Cinquecento che ci spia, sfacciato, dall’angolo di una cena luculliana, tutta tovaglie, cani, vassoi e pernici e bei vestiti, del Veronese e ci provoca: credi che sia un ragazzo? Guarda bene, sono una donna.
E tutte queste opere, quadri, statue e vasi, le ha anche realizzate, millennio dopo millennio.
L’ho fatto io. Io chi? Indovina.
Ogni lavoro di Teresa è scatto fotografico o radiografico: Soglie è tre scatti in otto fasi, o sequenze, in marmo, vetro e resina. Come se da una vecchia Polaroid potesse uscire non un foglio di carta impressionata ma una lastra di marmo sottile come vetro. Una lastra sottile e trasparente come l’acqua o l’aria, come l’illusione della visione.
Reperto di strati, disfacimento o suggerimento di corpo, la soglia rappresenta il trapasso, l’ascesa, la resurrezione, la nascita, la trasformazione. O anche la traduzione.
Se mi illumino dall’interno di me cosa si vedrà? Una trasparenza, un calco, l’ombra fuggevole di un ricordo?
Teresa lavora su negativi fotografici che diventano candidi o lattei negativi di marmo, vetro e resina.
Forse la soglia è un’emersione o ciò che resta in superficie nell’istante che precede l’immersione, la scomparsa. Come la balena che appare dall’oceano a Rosa Montero solo per frammenti, suggerendo l’animale completo, che però sempre ci sfugge, così la bellezza del corpo femminile è linea illusoria, profilo in fuga, suggestione di dea in azione su un vaso attico.
Oppure osso, pietra, zampa.
Sto vedendo in trasparenza, sto immaginando? Raccolgo un residuo, trovo solo lo sfaldamento finale della bellezza, che posso, allora, solo sognare? La soglia è un’impronta?
Le materie di Teresa sono antiche, alcune antichissime, come il marmo e il vetro, e moderne, come la resina. Pare che il marmo possa diventare sottile come vetro e il vetro consistente come pietra e che la resina finga la permeabilità dei tessuti viventi.
Anche la materia più resistente, al tempo, all’usura, la pietra, o il vetro, che troviamo in ogni scavo, colorato e soffiato, le bottiglie che battono sulla battigia delle nostre spiagge inquinate, tutte senza messaggio dentro, ormai, ma con un’unica antica voce di pietra: che state facendo; anche la materia che sorpassa i millenni può diventare fragile o rivelarsi, come una fotografia.
Chi è la donna che fugge fra le Soglie? Non ha un volto, ha seni e fianchi e una mano, un gluteo e una coscia. Corre, fugge, si trasforma?
Chi la insegue? Un sileno, un dio, lo stupratore, il serpente? O magari si sta spogliando per l’amore e l’inseguimento è gioco erotico, acchiapparello, evoluzione amorosa?
Quei fossili che la seguono o la precedono nel tempo la dicono sirena, con zampe d’uccello, arpia o alcione, o airone. O sono le sue ossa, l’impronta del suo corpo sulla sabbia, sulla battigia.
Teresa sta ritraendo cosa è stata un tempo o cosa sarà, o cosa è mentre altri sono distratti dalle sue forme.
La bella donna che appare e dispare nelle Soglie è molto più del suo stesso segno.
Tutto il lavoro di Teresa Dell’Aversana narra di fragilità e resistenza, di mortalità e di eterno, come è il nostro corpo, come è la vita delle donne da sempre, anche se oggi appare mutata e libera.
La bellezza è fragile, la libertà non è in vendita, l’eternità è adesso. Come Teresa è piccola, gentile, accogliente, antica e robusta, così la sua opera è verticale e tagliente, solare e fredda, perfetta e rotta.
Forse non c’è un altro modo di esistere: se anche il marmo disegna le larghe forme potenti e maschili della scultura classica o del Rinascimento, se anche la pietra greca o il mattone assiro, la terracotta dei compianti sul Cristo morto o la ceramica bianca e lucida delle vergini toscane dicono la velocità o l’irruenza, la dolcezza materna o la violenza, la materia, nuda o colorata, cerca sempre e solo l’essenza.
Sarà l’essenza del divino o dell’umano, non importa: Teresa la raggiunge e la supera o, come spesso accade a ogni donna, la registra in transito nel mondo.
Soglie è insieme porta, soglia, accesso e anche colei che li attraversa.
Noi siamo la soglia.
Le opere di Teresa sono un infinito attraversare: non c’è la meta, non c’è nemmeno il viaggio ma l’istante sì, l’istante in cui passiamo. E ripassiamo. O passammo.
Gran parte della nostra cultura occidentale, specie se declinata al maschile, lavora per fissare, trattenere, catalogare, comporre, ricordare.
A volte, si dovrebbe lavorare sul lasciar andare, sul disarticolare, sullo svanire.
Il disordine è un ordine multidimensionale e Teresa lo materializza: ci siamo state, ci siamo amati, ci siamo salutate, ci siamo o c’eravamo.
Non importa.
Antonella Cilento, 30 settembre 2023
ADEC, realtà odontoiatrica e medica attiva a Milano dal 1986, inaugura nel 2022 il suo nuovo spazio in Via Edmondo De Amicis, 28 con l’intento, come afferma il suo direttore e fondatore Luciano Passaler, “di offrire alla città di Milano un segno di concreta gratitudine per l’apprezzamento di cui si è sentita circondata fin dalla sua costituzione”, mettendo a disposizione le tre ampie e luminose vetrine sulla strada, da utilizzare non per pubblicizzare se stessa e la propria attività, ma per donare alla città un luogo diverso per promuovere l’arte e la bellezza a vantaggio di tutti. Il proposito di ADEC è che l’arte non resti confinata solo in spazi eletti a tale scopo, ma venga portata sulla strada, come un museo a cielo aperto, visibile a chi passa, affinché un numero sempre maggiore di persone possa fruirne.”
Jean Clair, nel suo libro, “L’inverno della cultura”, (SKIRA, 2011), ha scritto che i musei allontanano le persone comuni dall’arte e la cultura, spingendoli poi ad entrarvi e visitarli per sentirsi parte di qualche cosa di importante, senza però dare loro gli strumenti per la comprensione, facendoli uscire senza avere compreso nulla, più soli ed emarginati di quando sono entrati.
Il progetto di ADEC, invece, vuole porre resistenza a questo isolamento culturale, mettendo a disposizione le proprie energie per far sì che questo non accada. La vetrina diventa così non solo uno spazio fisico ma soprattutto culturale, un teatro a disposizione di chi vuole vedere, dove gli artisti si costruiscono una nicchia esistenziale che diviene condizione fondamentale del loro lavoro, che si estende a costruire una casa comune con lo spettatore nella strada.
Il progetto si sviluppa in un percorso temporale che vede alternarsi artisti storici ed altri contemporanei, impegnati in una nuova esperienza espositiva, senza la metaforica protezione, sia fisica che culturale, del perimetro di uno spazio delimitato da muri. La trasparenza del vetro, l’evidenza della realtà messa a nudo, senza veli e compromessi, sottolinea l’attitudine interdisciplinare della loro ricerca che consente loro di muoversi al di là dei limiti dello spazio, ponendosi al crocevia tra arte visiva, fotografia e installazione. L’ambiente delle vetrine, da costruire e plasmare, diviene quindi il luogo dove le opere si confrontano con il mondo esterno in un incrocio di relazioni finalmente più accessibile e fruibile in qualsiasi momento della giornata.
Luciano Passaler insieme alla moglie Carla Maria Russo, nota autrice di romanzi storici, ha affidato il progetto per il primo anno a Davide Di Maggio, che ha accolto con grande entusiasmo, l’invito a tradurre in un articolato programma espositivo il loro desiderio di rendere l’arte più universale possibile, senza distinzioni sociali e filtri.
Le mostre sono state inaugurate il 24 maggio 2022 con il fotografo israeliano, Michael Ackerman, (Tel Aviv, 1967) e hanno visto avvicendarsi, nel corso dell’anno solare, importanti artisti storici, Wolf Vostell, (Leverkusen, 1932 – Berlino, 1998), l’artista/fotografa albanese Nerina Toci, (Tirana, 1988), Michael Ackerman “Sagome Fluttuanti” (Tel Aviv ,1967) e Yoko Ono, (Tokyo, 1933).
Teresa Dell'Aversana "Sulla soglia"
dal 4 Novembre 2023 al 6 gennaio 2024
ADEC ARTE
via Edmondo De Amicis, 28
orario: tutti i giorni H24
Emanuela Filippi | Eventi e Comunicazione
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